Torino: in un contesto che ricorda lo stile della celebre serie Netflix “Better Call Saul“, emerge un intricato schema di truffa. Ogni giorno, una valigetta veniva aperta, rivelando numerosi cellulari destinati a gestire chiamate per varie società. Ogni telefono era contrassegnato da un post-it con il nome dell’azienda corrispondente. Questa pratica faceva parte di una presunta grande truffa finalizzata all’ottenimento di finanziamenti comunitari, che comprendeva il programma “Europa Creativa” e il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici, oltre a risorse destinate alle misure emergenziali Covid, per un totale di oltre mezzo milione di euro.
L’ufficio torinese della Procura Europea, noto come EPPO (European Public Prosecutor’s Office), conduce attualmente le indagini su questo caso. Recentemente, hanno ottenuto la convalida e il decreto per il sequestro preventivo di beni significativi: oltre 150 mila euro in contanti e 74 conti correnti e depositi. Le accuse mosse a nove indagati includono associazione per delinquere, truffa per ottenere erogazioni pubbliche, auto-riciclaggio e emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’attività investigativa ha rafforzato l’ipotesi di una rete di soggetti che usava società create o acquisite ad hoc per beneficiare indebitamente di finanziamenti agevolati.
Secondo quanto riportato su Il Corriere, l’indagine era partita dal monitoraggio di database pubblici, necessari per l’accesso agli aiuti statali. Da qui, la polizia giudiziaria (composta da carabinieri e guardia di finanza) coordinata dal PM Adriano Scudieri, insieme al collega Stefano Castellani, ha scoperto che una piccola SRL con sedi a Novara, Torino e dintorni, apparentemente inattiva, aveva rapporti con altre 29 aziende in un circuito di fatture presumibilmente fittizie, volte a creare una facciata per l’ottenimento di finanziamenti.
Alla fine, il sistema è collassato a causa dell’eccessiva esposizione al credito. I fondi, ammontanti a migliaia di euro, venivano prelevati tramite carte di credito conservate in una busta all’interno della stessa valigetta che conteneva i token per le operazioni online. Di notte, la valigetta veniva nascosta in un garage, per poi essere riaperta il giorno seguente, continuando il ciclo.
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