La tranquilla routine di San Salvario, a Torino, è scossa dalla presenza massiccia delle forze dell’ordine e dei militari, con una tensione palpabile tra i residenti. L’ombra del conflitto internazionale si insinua tra i portici e le attività commerciali di un quartiere che ora guarda con ansia al futuro.
In una fredda sera torinese, la scena in via San Pio V sembra tratta da un film. Otto carabinieri in divisa presidiano l’ingresso della Sinagoga, scrutando con attenzione ogni angolo della strada. Il loro sguardo vigile non si limita ai passanti ma penetra anche l’interno dei negozi circostanti. Una presenza che non passa inosservata ai commercianti locali. “È un segno evidente di quanto la situazione sia tesa”, confessa a La Stampa una tabaccaia della zona. La militarizzazione pervade l’intero quartiere, trasformando l’atmosfera e imprimendo un senso di urgente cautela.
La tensione cresce nell’aria nei giorni scorsi quando, a poca distanza, un uomo ha seminato il terrore, armato di coltello e proclamando fedeltà ad Allah. Solo l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine con l’uso di un taser è riuscito a scongiurare una tragedia. Un residente ricorda un episodio simile avvenuto poco prima, non riportato dai media, aggiungendo incertezza alla preoccupazione.
Gli eventi recenti in Israele e le provocazioni di Hamas sembrano riverberare le loro oscure eco fino alle strade di Torino, in particolare in piazzetta Primo Levi, dove le attività commerciali ebraiche si sentono particolarmente esposte. “Siamo riconoscibili”, ammette la proprietaria di uno di questi esercizi, preferendo mantenere l’anonimato per non attirare ulteriori attenzioni indesiderate.
In questo clima, anche gli eventi pubblici subiscono cambiamenti: un incontro che avrebbe dovuto essere aperto a tutti, ora richiede la prenotazione, in un tentativo di preservare la sicurezza senza rinunciare alla vitalità culturale del quartiere.
Tra i residenti, i commenti sono misti. Mentre alcuni esprimono preoccupazione per la presenza senza precedenti delle forze dell’ordine, altri notano come gli spacciatori, una costante del quartiere, abbiano modificato i loro comportamenti abituali. In tutto questo, la comunità cerca di mantenere un senso di normalità, seppur precaria.
Nonostante gli episodi allarmanti, c’è chi cerca di restare ancorato alla normalità. Marco, da vent’anni a capo di una gastronomia, osserva che le tensioni sono sempre esistite, ma mai come ora hanno assunto connotazioni così gravi.
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