L’intelligenza artificiale generativa, che include potenti modelli linguistici come ChatGPT e creativi generatori di immagini come DALL-E 2, sta rivoluzionando il concetto di “necromanzia digitale“. Questa pratica coinvolge il richiamo di figure defunte attraverso le tracce digitali che hanno lasciato dietro di sé.
I primi dibattiti sulla necromanzia digitale emersero negli anni 2010, quando la tecnologia “deep fake” diede vita a video proiettati che “resuscitarono” Bruce Lee, Michael Jackson e Tupac Shakur. Questo fenomeno portò anche all’apparizione postuma di star come Carrie Fisher e Peter Cushing sul grande schermo. Inizialmente, queste tecniche erano prerogativa di grandi case di produzione con enormi risorse, ma l’ascesa dell’IA generativa ha reso queste possibilità accessibili a tutti.
Prima che ChatGPT catturasse l’attenzione del pubblico alla fine del 2022, c’era già chi utilizzava i modelli di linguaggio di OpenAI per comunicare con i propri cari defunti, basandosi su testi e e-mail preesistenti. Start-up come Here After e Replika hanno colto questa opportunità, introducendo l’IA generativa per consentire alle persone in lutto di interagire con i loro cari attraverso simulazioni digitali.
Questa tecnologia solleva questioni etiche e culturali che non possono essere ignorate. La magia oscura della necromanzia assistita dall’IA è infatti oggetto di diffidenza. Molti provano disagio all’idea di interagire regolarmente con simulazioni digitali di persone decedute.
Per questo i docenti di sociologia dell’Università di Liverpool Phillip David Brooker, Dipanjan Saha, Michael Mair e Terence Heng, hanno analizzato nel dettaglio le implicazioni di questa tecnologia.
“Da un punto di vista sociologico, il legame tra vivi e defunti attraverso testi, immagini e manufatti è una pratica comune nella nostra vita. Le persone attribuiscono un grande valore emotivo alle rappresentazioni e ai ricordi dei propri cari. Se in passato i ritratti erano il principale mezzo per commemorare i defunti, la diffusione della fotografia nel XIX secolo ha introdotto un’alternativa, conservando i loro volti nel tempo.
Oggi, molte persone possiedono foto e video dei propri cari deceduti, che fungono da ricordi e fonti di conforto. Questa pratica non è nuova: nel corso della storia, le persone hanno sempre cercato di preservare le sembianze, le opere e le reliquie di figure famose e care.
L’introduzione dell’IA generativa non rappresenta una svolta radicale. Piuttosto, riflette la capacità della tecnologia di adattarsi alle nostre pratiche preesistenti di lutto, commemorazione e ricordo. L’IA genera una continuità piuttosto che una rottura in queste dinamiche”.
Tuttavia, gli esperti si domandano se l’IA sia davvero diversa. Le startup di questo settore si basano su informazioni raccolte dai clienti, come testi, registrazioni audio e immagini, per addestrare modelli di IA che consentono di interagire con i defunti attraverso immagini, voce e testo. Alcuni temono che gli “avatar” dei defunti possano essere spinti a esprimere cose che non avrebbero detto da vivi, violando la loro integrità, per non parlare di eventuali usi impropri se questo tipo di tecnologia passasse tra le mani di malviventi o ciarlatani.
È importante affrontare queste preoccupazioni caso per caso. In generale, però, l’idea di conversare con i cari estinti non è nuova. Nei momenti di crisi o gioia, riflettiamo su ciò che i nostri cari avrebbero potuto dirci, sugli atteggiamenti che avrebbero potuto avere e su come ci avrebbero incoraggiato. Questa è una pratica radicata nella nostra storia.
Secondo gli esperti, le preoccupazioni sulla necromanzia digitale sono spesso esagerate. Queste simulazioni digitali sono solo un nuovo canale attraverso il quale pensiamo e comunichiamo con i defunti, una pratica che l’umanità ha sempre sperimentato in varie forme.
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