Nella parte nord-est di Mondovì, a circa quindici chilometri di distanza, si estende la cittadina di Carrù. Questa si trova sulla riva sinistra del Tanaro, su una delle numerose terrazze, e rappresenta il confine tra l’ampia pianura piemontese e le Langhe, guadagnandosi così il titolo di “porta della Langa”. Il Castello di Carrù si erge proprio qui, con le sue origini che risalgono all’anno Mille.
Nel XVII secolo, divenne la residenza prediletta di Gerolamo Maria della Trinità e di sua moglie, Paola Cristina del Carretto. Gerolamo, noto per essere uno dei nobili più influenti del suo tempo, ricopriva il ruolo di Maresciallo Generale delle armate sabaude e governatore della città e provincia di Mondovì. La sua passione principale, però, era la caccia, e i boschi densi che circondavano il castello erano il suo regno. Nonostante le armi moderne fossero già disponibili, Gerolamo preferiva cacciare usando soltanto arco e frecce.
Nelle sue uscite venatorie, spesso lo accompagnava sua moglie, anch’essa appassionata cacciatrice. In una di queste occasioni, la contessa si allontanò dal gruppo e si addentrò in una chiesetta nel bosco. Lì, gli occhi di Paola Cristina si posarono sull’affresco raffigurante la Vergine, e dopo aver recitato una preghiera, uscì.
Nel frattempo, un cerbiatto fece la sua comparsa dal fitto della vegetazione. Decisa a seguirlo, la contessa si allontanò, ma presto un urlo di terrore squarciò l’aria. I cacciatori ritrovarono il cadavere di Paola Cristina in un ruscello, trafitta al cuore da una freccia. L’identità del colpevole rimase un mistero irrisolto. La notte del primo venerdì di settembre del 1663, avrebbe dovuto ospitare una festa al castello. Proprio in quell’occasione, la nobildonna aveva scelto un magnifico abito blu.
La leggenda narra che ogni mese, alla mezzanotte del primo venerdì, il fantasma di Paola Cristina uscirebbe da un quadro nel salone principale. Nel dipinto è raffigurata come Diana, dea della caccia, indossa proprio quell’abito blu e tiene in mano una freccia. L’anima inquieta vaga per le stanze del Castello di Carrù per cercare il colpevole del vile atto che le costò la vita. La “Dama Blu“, come viene chiamata, non emana grida spettrali, come spesso si dice dei fantasmi, ma lascia dietro di sé solo il leggero fruscio di un tessuto e il delicato passo di una danza eterea.
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