Passeggiando per il Centro di Torino, in piazza Castello, di fronte a Palazzo Madama, nei pressi di via Garibaldi c’è una curiosa lapide in bronzo dedicata a Goffredo Varaglia. Posta dal Comune di Torino il 21 ottobre del 2000, la targa recita: “In memoria del Pastore Valdese Goffredo Varaglia, impiccato e arso sul rogo in questa piazza il 29 marzo 1558”. Ma qual è la sua storia? Chi era costui?
Come suggerisce la lapide, Goffredo Varaglia era un uomo di fede. Nato a Busca nel 1507, divenne sacerdote nel 1528 con l’ordine dei frati cappuccini. In seguito, si interessò alle idee della Riforma protestante e cominciò a frequentare l’Accademia di Giovanni Calvino a Ginevra. Dopo essere diventato pastore, si recò in Piemonte per predicare la Chiesa Evangelica Valdese nelle Valli.
Arrestato più volte, fece scalpore dopo una disputa teologica con il frate Angelo Malerba. Subito dopo, l’Inquisizione ordinò il suo arresto a Barge, portandolo a processo a Torino, dove si sentenziò la sua condanna al rogo con l’accusa di eresia. Nonostante la pena di morte, Varaglia rifiutò l’abiuro e rimase coraggiosamente sereno, impressionando la folla.
Sembra che alla sua esecuzione assistettero circa diecimila persone e che, al momento del rogo, una colomba volteggiò intorno a lui, come in segno di “innocenza”. Perfino il boia chiese perdono al condannato per l’esecuzione che stava per infliggere.
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