Nel cuore del Piemonte, tra le vie di Torino, si sta consumando una battaglia senza precedenti, in cui il cioccolato è il protagonista e le nazioni coinvolte sono l’Italia e la Svizzera. Da una parte, troviamo gli orgogliosi rappresentanti del cioccolato piemontese, marchi storici come Ferrero, Venchi e Domori. Dall’altra, il gigante svizzero del cioccolato, Lindt.
Tutto ha avuto inizio con la richiesta del Comitato del Giandujotto di Torino IGP di conferire al cioccolatino piemontese il prestigioso riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta. Antonio Borra, segretario del Comitato, ha rivelato la principale fonte di disaccordo: mentre la ricetta tradizionale del giandujotto prevede esclusivamente tre ingredienti – nocciola, zucchero e massa di cacao – Lindt desidera includere anche il latte nel disciplinare. Una richiesta, secondo Borra, completamente inaccettabile, dato che l’aggiunta di latte sarebbe un prodotto dell’industrializzazione.
Con l’introduzione dell’IGP, il settore potrebbe assistere a una suddivisione tra un gianduiotto “tradizionale” e uno “moderno”, influenzando il posizionamento di mercato e le dinamiche di prezzo. Molti produttori, come Domori e Baratti, vedono positivamente l’IGP. Per altri, come Peyrano, l’adozione dell’IGP rappresenta non solo un omaggio alla tradizione, ma anche un impegno verso l’eccellenza qualitativa.
Nonostante il dissenso di Lindt, il progetto IGP ha ottenuto un vasto sostegno da parte delle aziende italiane, tra cui Ferrero, Venchi, Domori e Pastiglie Leone. Maestri cioccolatieri di fama come Guido Gobino, Guido Castagna e Giorgio e Bruna Peyrano hanno anche espresso il loro entusiastico sostegno. “Il mercato dei gianduiotti vale 200 milioni di euro l’anno e un’azienda svizzera non può far naufragare un progetto europeo”, ha dichiarato con fermezza Borra, mettendo in evidenza la posta in gioco.
La storia del gianduiotto risale al 1865. Fu in quell’anno che la maschera tradizionale del Carnevale di Torino, Gianduia, introdusse al pubblico un cioccolatino dalla forma distintiva, che prese il suo nome. L’azienda responsabile della sua creazione fu Caffarel, che divenne proprietà di Lindt nel 1997. Originariamente, la nocciola tonda gentile delle Langhe fu aggiunta all’impasto dei cioccolatini per compensare la scarsità di cacao importato in Europa a causa del blocco continentale imposto da Napoleone.
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