Nel dicembre del 1858, dal suo studio privato nelle Segreterie di Stato – l’attuale Prefettura di Torino – Camillo Benso Conte di Cavour scriveva con cura delle lettere a Giacinto Corio, responsabile della gestione della sua tenuta agricola di Leri, nel Vercellese. La corrispondenza privata, intrisa di dettagli agricoli, presenta un intrigante epilogo. Il primo Presidente del Consiglio italiano esprimeva il desiderio di trascorrere i suoi ultimi giorni a Leri, al fianco di Corio e della sua famiglia, ma solo dopo aver completato la “missione che la Provvidenza mi ha affidato”.
Queste parole sono parte di una serie di cinque documenti autografi, comprendente due biglietti e tre lettere, venuti alla luce inaspettatamente all’inizio di agosto negli scaffali dell’Archivio storico della Città di Vercelli. Alessandra Cesare, la direttrice, ha spiegato a La Stampa che la scoperta è stata del tutto casuale durante una verifica di contenuti. Sorprendentemente, questi materiali si trovavano depositati nell’Archivio nel 1929, ma mai nessuno li ha consultati. I documenti saranno inclusi in un’opera di ricerca, che verrà pubblicata la prossima primavera, della storica Rosanna Roccia, la massima autorità italiana sulle lettere di Cavour.
Con oltre 15.000 lettere già conosciute, l’epistolario di Cavour comprende 21 volumi in 34 tomi, pubblicati tra il 1962 e il 2012. Questo ritrovamento rappresenta un’aggiunta significativa, soprattutto perché sono stati redatti in un periodo cruciale della storia risorgimentale e della vita di Cavour.
Giacinto Corio, un fidato agronomo, ha sempre gestito gli affari agricoli di Cavour nella sua tenuta di Leri, una vasta proprietà di 900 ettari nel Piemonte. Nel 1858, Cavour stava negoziando importanti accordi per il Regno di Sardegna e si preparava per la guerra con l’Austria. Nel mezzo di questi eventi politicamente carichi, emerge una forte connessione tra Cavour e Corio. In una delle lettere ritrovate, Corio chiese a Cavour di diventare padrino del suo primo nipote, un gesto che sottolinea la loro profonda amicizia. Cavour rispose affermativamente, chiedendo di attendere i suoi impegni politici «essendo prossimo all’apertura del Parlamento».
Tuttavia, alcune delle lettere rivelano anche tensioni e disaccordi. Ad esempio, in una lettera datata 17 novembre 1858, Corio che espresse preoccupazioni sulla gestione finanziaria della tenuta di Leri. Cavour, invece, rispose in tono piuttosto irritato.
Ma è la lettera di dicembre 1858 che svela maggiormente l’intima relazione tra i due uomini. Dopo aver chiarito il piccolo alterco, Cavour suggerì un possibile passaggio di gestione dalla figura di Corio a quella di suo figlio. «Visto che non è più necessario di venire a Torino, alla sua schiettezza risponderò con schiettezza: mi permetta di farle una proposta, che è anche un consiglio. Ella dovrebbe associare suo figlio primogenito al nostro contratto, oppure farsi aiutare da lui. Ho in lui molta fiducia».
Queste nuove scoperte non solo gettano luce su aspetti poco conosciuti della vita di Cavour ma anche sulla sua profonda connessione con la sua terra e le persone che lo circondavano. Al giorno d’oggi, l’uso di e-mail e messaggi digitali potrebbe impedire ai futuri storici di avere accesso a simili testimonianze dettagliate.
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