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Bike Pride di Torino: successo o propaganda?

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Bike Pride di Torino: l’eccessivo entusiasmo riportato sui giornali in merito alla manifestazione di ieri, 22 ottobre 2023, maschera i veri problemi

Il Bike Pride, evento che ha segnato la sua dodicesima edizione nella giornata di ieri, 22 ottobre 2023, trasformando le strade di Torino in un caleidoscopio di ciclisti, sembra un quadro idilliaco di unità comunitaria. Tuttavia, dietro questa manifestazione festosa si celano questioni irrisolte e una realtà urbane molto più complessa. Nel leggere gli articoli di giornale dei quotidiani di calibro nazionale, sembra che la manifestazione sia stata una marea colorata di biciclette ha invaso le arterie urbane di Torino, sostituendo il monotono rombo dei motori con suoni di campanelli e risate.

Ma oltre al senso di libertà e all’apparente solidarietà ciclistica, emerge una domanda inquietante: è tutto oro quello che luccica? Mentre la gioia incontenibile sembra essere il motore di questo evento, un’analisi più critica rivela una storia differente, con una propaganda ben orchestrata che sfiora l’egemonia del pensiero. La mobilità sostenibile, incarnata dalla filosofia del Bike Pride, indubbiamente possiede il potere di catalizzare un cambiamento positivo. Tuttavia, la narrativa quasi utopica promossa durante l’evento rischia di oscurare la realtà delle infrastrutture urbane e la necessità di una transizione equilibrata.

Bike Pride di Torino successo o propaganda
Immagine da screenshot: La Stampa

La voce dei cittadini

Prendiamo ad esempio un articolo riportato su La Stampa questa mattina, lunedì 23 ottobre. Nell’articolo in questione, il giornale descrive l’evento come Una grande festa a pedali lunga 17 chilometri, percorsi ieri pomeriggio da circa 5 mila persone. Con una richiesta a gran voce: una città più sicura e con una distribuzione più equa dello spazio pubblico”.

Peccato che i commenti a corredo dell’articolo dicano tutt’altro: “Ma l’assessora Foglietta dei veicoli a guida autonoma in via Finalmarina non ne sa più nulla? Il Pride si sarà concluso sbucando in contromano di colpo, tutti in fila indiana, dietro al pilastro dei portici a salire impenitentemente sul piede del malcapitato pedone di turno?”, scrive un cittadino. Personalmente, di questa propaganda continua e martellante da parte della redazione di Torino, ne ho veramente le tasche piene (mai letto un contradditorio, sempre un unica fonte strombazzata). Altro motivo per non rinnovare l’ abbonamento”, protesta un utente.

E ancora: “«Lo spostamento medio in città è di due chilometri e mezzo. Questo significa che c’è qualcuno che utilizza l’auto per percorrere anche quattrocento metri». Già, intanto le medie sono come quelle dei polli, poi se una persona ne fa 6 al giorno di quegli spostamenti, tra figli spesa anziani da controllare e lavoro, sarebbero ore e ore di tempo”. Evidentemente, i sei motivi per cui Torino dovrebbe ripensarci prima di diventare una “Città 30” non sono poi così illogici (articolo di approfondimento disponibile al seguente link).

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Sorgente
La Stampa

Redazione

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