Nel cuore della tradizione dolciaria del Piemonte, troviamo le bignòle, pasticcini di dimensioni ridotte, distinti per il loro formato peculiare. Questi dolcetti, noti per la loro forma tondeggiante, sono realizzati con una pasta dolce lievitata e rigonfia, successivamente farcita con crema pasticcera in varietà di gusti. La particolarità di queste delizie è evidente anche dalla glassa colorata che le ricopre, indicando il sapore: dal verde del pistacchio al beige della nocciola, passando per il rosa dello zabaione e il marrone del cioccolato, oltre ai gusti di vaniglia, caffè e limone.
L’origine storica ed etimologica della bignòla risale alla metà del XVIII secolo. Il termine “bignòla”, di origine galloromanza, proviene dal francese “bignet” o “beignet”, che significa frittella. L’etimologia suggerisce un’origine prelatina, dalla radice “BUN-“, associata a oggetti gonfi o cavi. Questa interpretazione etimologica si rivela la più convincente nell’analisi della storia di questo dolce. Con il tempo, il termine “bignòla” ha superato i confini piemontesi, diffondendosi in altre regioni del nord Italia.
In Piemonte, la bignòla è diventata un elemento imprescindibile della pasticceria locale, diffondendosi particolarmente a corte durante il regno sabaudo. È diventata un classico delle merende festive e dei pranzi domenicali in famiglia, culminando nel “cabarèt ëd bignòle”, un vassoio assortito di questi dolci. La loro dimensione ridotta, caratteristica risalente all’epoca sabauda, simboleggiava l’eleganza e la raffinatezza della nobiltà di corte. Nonostante il passare degli anni, questi pasticcini hanno mantenuto intatta la loro forma, dimensione e irresistibile bontà. La varietà dei gusti e i colori delle glasse che le caratterizzano le rendono adatte a soddisfare tutti i palati.
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