Il racconto della donna presentata come il primo caso scoperto grazie all’APP Immuni : «Avvisi arrivati a persone mai avvicinate»
L’ App IMMUNI doveva essere l’arma tecnologica del Governo PD-M5S che doveva tenere sotto controllo l’epidemia. Tuttavia ogni giorno di più si conferma il fallimento di Immuni. Una giovane donna di Chieti, Francesca, utilizzata come “cavia appestata” che ha ricevuto notifiche di allerta da località in cui né lei né una sua amica “immunidotata” erano mai state.
Ad oggi è stata scaricata da 4,4 milioni. Quasi 100 mila in più rispetto alla settimana scorsa. Ma è facile calcolare che ad ora è servita a poco o nulla. Riportando le parole de La Stampa: “Da quando è stata lanciata su tutto il territorio nazionale, il 15 giugno scorso, in Italia si sono contati circa 10 mila contagi. Di questi scovati grazie a Immuni appena 47” .
In poche parole 7,7% della popolazione complessiva ha installato l’APP IMMUNI. Secondo i calcoli almeno 7-800 casi si sarebbero dovuti attribuire al software. Ma siamo decisamente sotto lo ZERO. E di tanto!
Lo stesso Ministero dell’innovazione mostra che dagli smartphone di quei 47 positivi che hanno poi sbloccato l’applicazione sono partite appena 23 notifiche di allerta. Assolutamente un disastro: App Immuni dovrebbe memorizzare in forma anonima tutti i contatti stretti degli ultimi 14 giorni.
Nello specifico il bluetooth deve essere sempre acceso. Questo consente all’ APP di memorizza i contatti di tutti coloro che nelle due settimane precedenti la notifica del contagio sono stati a meno di due metri di distanza e per più di 15 minuti con chi è risultato poi essere positivo. Un esempio dello smacco è dato dagli uomini dell’ASL. Gli addetti al “contact tracing” ricostruiscono i contatti stretti avuti da ciascun positivo accertato. Capita che nella loro agenda segnino tra i 20 e i 30 nomi.
Con il tracciamento digitale invece di persone a rischio se ne è rintracciata in media una ogni due contagiati muniti di App IMMUNI.
Che APP Immuni non funzioni lo racconta anche Francesca (il nome è di fantasia per ragioni di privacy). La donna di Chieti era stata presentata giorni fa come il primo caso di positività scoperto grazie alla app. Tutavia che a La Stampa racconta un altra verità. «Ho scaricato Immuni da subito sia per proteggere i miei cari che per senso civico, ma ho scoperto di essere positiva dopo il ricovero di mio padre per Covid, non dalla app». Venerdì le fanno il tampone e la domenica le comunicano il risultato. «A quel punto un addetto della Asl mi ha chiesto se avevo installato Immuni e se volevo attivare il sistema di notifiche alle persone con le quali ero stata in contatto negli ultimi giorni. Ho acconsentito e dopo qualche giorno ho saputo che era arrivato un alert a una persona di Pescara, che a me è restata totalmente anonima così come deve essere. Ho controllato giorno e orario ma io in quel momento ero a Chieti a fare proprio il tampone». Poi raccontare di un’altra falla, stavolta scoperta da una sua amica.
«Anche lei ha scaricato Immuni e le è arrivata più di una notifica di allerta. Ma anche nel suo caso si riferivano a persone incontrate in località dove lei non è mai stata in quei giorni».
Francesca ora è in quarantena insieme al suo compagno e alla figlia di 7 anni. Sicuramente quest’app è abbastanza inutile se si aggiunge il fatto che ora il pericolo maggiore dei nuovi focolai sono causati da chi arriva dall’estero.
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